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Attualità

Orate, dalle vasche al mare

Parliamo probabilmente del pesce più furbo e sospettoso esistente, che negli ultimi anni è stato massacrato dalle “calate” dei micidiali ciancioli. Però questa rarefazione è stata, seppur in minima parte, mitigata dagli esemplari che per un motivo o per l’altro fuggono dagli allevamenti, guadagnando il mare aperto di Gherardo Zei

Il mare è un ecosistema particolarmente complesso e, come tutti gli ecosistemi, è tutt’altro che immutabile. Il mito dell’immutabilità della natura è morto per mano di Charles Darwin quando il grande scienziato dimostrò che le differenze tra le migliaia di specie erano spiegabili in termini di mutazioni casuali in un quadro di selezione naturale.

La teoria dell’evoluzione ci fa capire che anche il nostro mare non può restare sempre come lo abbiamo conosciuto. In un certo senso è normale che i pesci serra si diffondano da Gibilterra verso il resto del Mediterraneo e che i pesci pappagallo risalgano dal Canale di Suez verso i Banchi e poi nel sud della nostra penisola. Sono fenomeni che, entro certi limiti, possono determinarsi nel corso di poche decine di anni. Cose normali nel mare, allo stesso modo di quando, tornando dopo pochi anni a vedere una rimonta, la troviamo coperta e ingoiata dalla sabbia.

Però, quello che è accaduto negli ultimi quarant’anni ha molto poco a che vedere con la normalità dell’evoluzione naturale, ma ha molto a che vedere con l’irresponsabilità dell’uomo su questa terra. L’inquinamento ha colpito le nostre acque con una durezza senza precedenti e la flora e la fauna sono cambiate radicalmente e i pescatori subacquei, che non sono degli scienziati ma sono gli unici che in mare ci vivono davvero tutto l’anno, hanno percepito questi mutamenti più di ogni altro.

Non è solo la diminuzione del pesce (che pure è devastante) a impressionarci: è tutto l’insieme. Elencare le rapidissime alterazioni dell’ecosistema è quasi impossibile: la variazione di limpidezza delle acque, il cambio di abitudini delle specie al punto che non si capisce più quali siano i periodi riproduttivi, i cambiamenti anomali di colore dei fondali, i comportamenti anomali del pesce rispetto alle acque dolci che entrano in mare e tanti altri drammatici fenomeni tra i quali spicca, da ultimo, la moria a livello di estinzione delle nacchere.

In questo scenario drammatico le cose che – a me personalmente – preoccupano di più sono da un lato la totale ignavia dei mezzi di comunicazione e della gente comune davanti a tali fenomeni e dall’altro lato la mancanza di una visione d’insieme da parte delle istituzioni scientifiche, specie quelle di settore. Sento spesso cattedratici di biologia marina parlare di singoli fenomeni relativi ai cambiamenti, ma solo dai pescatori ascolto descrizioni, purtroppo apocalittiche, di come tutto il “sistema mare” stia scricchiolando nel suo insieme. Del resto, se così non fosse i professori di biologia marina delle università italiane dovrebbero andare tutti insieme al Ministero dell’Ambiente e incatenarsi davanti al portone finché non venga, come minimo, emanata una legge che vieti integralmente e definitivamente la pesca con il cianciolo con l’uso di sonar a scansione orizzontale di derivazione militare. Dando per scontata la buona fede, credo che se non lo fanno l’unica motivazione possibile sia che non si rendono completamente conto del livello globale del tracollo dell’ecosistema in atto. Insomma, non hanno la visione d’insieme.

La strana sorte di spigola e orata

In generale, tutte le specie hanno subito un tracollo negli ultimi sei o sette anni. Perfino le creature di base della catena alimentare, come le oloturie, i ricci e le anemoni, sono state prelevate fino al punto di vedere drasticamente ridotte le loro popolazioni e hanno provocato un effetto a catena di riduzione delle popolazioni degli animali che da esse traevano nutrimento.

Le spigole e le orate non hanno fatto eccezione a questa regola, ma con una specifica differenza. Che entrambe sono state oggetto di allevamento intensivo in moltissimi stabilimenti, sia a terra che in mare (nelle vasche), lungo l’intera penisola. La presenza di tali allevamenti intensivi ha provocato una sorta di “effetto ripopolamento” in controtendenza. Da un lato, cioè, le antiche popolazioni di orate selvagge sono state largamente sterminate dal cianciolo, che ha eliminato integralmente moltissimi “montoni madre” di pesci in riproduzione. Parliamo di montoni che esistevano probabilmente da migliaia di anni e che raccoglievano nel mese di novembre tutte le orate riproduttrici di centinaia di chilometri di costa e che sono stati sistematicamente distrutti, anche in una sola calata. Dall’altro lato, però, molte orate di allevamento si sono disperse nell’ambiente. É pur vero che in astratto non dovrebbe esserci permeabilità tra gli allevamenti e l’ambiente circostante, ma sappiamo tutti che nella realtà non è mai così.

A parte i numerosi vasconi a mare che periodicamente si rompono, lasciando fuggire numeri più o meno alti di pesci, resta il fatto che, anche in corrispondenza degli allevamenti a terra, per un motivo o per l’altro c’è sempre stata una certa diffusione in mare di esemplari di allevamento, fenomeno che è stato rilevato unanimemente dai pescatori subacquei dei vari litorali.

Certo, i pesci fuggiti hanno spesso una vita breve in considerazione della loro desuetudine alla vita in libertà; tuttavia, un certo numero è sopravvissuto e si è reintrodotto nella vita naturale. Credo che il fenomeno sia stato vero soprattutto per le orate che, non essendo un predatore, hanno un sistema di alimentazione più semplice di quello delle spigole, le quali devono imparare da capo a cacciare dopo aver vissuto di “pappone”.

Ecco il motivo per cui le orate, specie nelle zone sabbiose, hanno manifestato una buona capacità di riadattarsi alla loro normale dieta di frutti di mare; peraltro immagino che abbiano trovato cozze e vongole molto più buone dei papponi degli allevamenti.

Che questo buffo sistema di ripopolazione casuale abbia avuto un effetto complessivamente positivo sul mare e sulla popolazione delle orate, non posso affermarlo e ho, francamente, i miei dubbi. Mi sembrano tutti esperimenti da “apprendista stregone” sui quali non scommetterei un dollaro bucato. E’ anche vero, comunque, che la popolazione delle orate ha avuto un calo inferiore rispetto a quello di altre specie. Ma, come abbiamo visto, anche questo dato positivo è avvolto, in fondo, da una luce sinistra…

Lo sterminio del cianciolo

La grande tragedia del cianciolo nel Lazio del nord è iniziata, per quanto ne so io, proprio dalle orate. Correva l’autunno del 2003 e cominciò a girare voce della calata di orate da sette tonnellate effettuata da una barca a Civitavecchia, utilizzando questo strumento micidiale ma perfettamente legale. Sì, perché purtroppo nel nostro Paese è possibile utilizzare tecnologie militari per sterminare intere popolazioni di pesci selvaggi mentre gli stessi sono intenti alla riproduzione.

Io c’ero in quel 2003 e ricordo la costernazione di tutti per quella distruzione totale di un montone millenario. Ricordo che le orate erano così tante che arrivarono tranquillamente a prezzo stracciato fino a Roma. Ma ricordo soprattutto che per alcuni mesi noi pescatori subacquei non vedemmo più un’orata. Mi raccomando, leggete bene, non ho detto che non prendemmo più un’orata, ho detto proprio che non le abbiamo più viste.

Ritengo che le orate riproduttrici del nostro tratto di litorale fossero state interamente sterminate e che in seguito siano arrivate nuove riproduttrici da fuori. All’epoca, prima del 2003 di orate se ne prendevano tante e anche grosse e, pure dopo, ci sono state annate discrete. Ma la mia opinione è che da allora nel Lazio del nord le popolazioni di questi pesci siano sensibilmente diminuite, come numero e come dimensione.

Le orate di allevamento

E’ notoriamente uno dei pesci più difficili da catturare, uno che tante volte sembra che ti legga nel pensiero. Nella normalità capita di incontrare esemplari più facili se sono distratti dalle pratiche riproduttive, ovvero se sono impegnati con la testa bassa a sgranocchiare qualche mitile. Le orate piccole, sui trecento o quattrocento grammi, sono talvolta molto distratte. Ma a parte questo, in generale sono pesci difficilissimi.

Tuttavia, da qualche anno esistono quelli di allevamento rientrati in mare, che si distinguono per lo strano comportamento. A volte ci passano accanto nuotando alti e per niente spaventati, come se fossero cefali. Ovvero capita che se ne stiano fermi a mezz’acqua e che consentano di sparare in caduta come se fossero tanute. Si tratta di comportamenti del tutto anomali per l’orata, che denotano a mio avviso come gli esemplari che li pongono in essere siano pesci di allevamento rientrati in mare per qualche motivo.

La stagione

Le stagioni per le orate nel Lazio sono essenzialmente due e hanno il loro culmine a novembre (quando hanno i loro “montoni” e vengono sterminate dai ciancioli) e a maggio. Diciamo che fin dalla fine di marzo e nel corso del mese di aprile si può incontrare qualche esemplare più o meno isolato, poi a maggio ci dovrebbe essere l’entrata (ma ormai non si può più considerare un fenomeno sicuro e costante) e successivamente, per tutta l’estate, è sempre possibile fare qualche cattura.

Il nuovo picco di novembre ha, più o meno, le stesse caratteristiche di quello di maggio e termina con il deciso raffreddarsi dell’acqua nel mese di dicembre, quando ho catturato (occasionalmente) qualche bella orata, ma si trattava di pesci isolati, un po’ come accade a fine marzo. Nei tre mesi più freddi, dalla metà di dicembre alla metà di marzo, non ho mai visto nemmeno un esemplare.

I posti

Dove c’è roccia e ci sono saraghi e cefali, là ci possono essere anche le orate. Come sappiamo, si nutrono di frutti di mare (cozze, vongole eccetera) di cui riescono a frantumare il guscio con le poderose mandibole dotate di molari piatti veramente impressionanti. Ecco perchè questi pesci si accostano volentieri a zone di roccia al limite della sabbia oppure mescolate con la sabbia stessa.

Diciamo che se abbiamo una zona di roccia più alta e spaccata con corvine e cernie e una zona di grotto più basso e polveroso con saraghi e cefali, sarà più probabile incontrare l’orata nella seconda zona piuttosto che nella prima.

In un fondale molto bello di coralligeno abbastanza piatto un mio amico mi ha fatto vedere come prende le orate andandole a cercare nelle tane madri. Mi spiegava che nuotano in tutto quel territorio nutrendosi di frutti di mare e poi che vanno a riposarsi dentro qualche spacco e per farlo sono costrette a scegliere tra un limitato numero di tane madri, con tettoie di roccia e lastre accavallate sulla sabbia. In quella zona non ci sono molte tane e quindi quel pescatore, facendo il giro di queste tane madri (ovviamente con il gommone), riesce periodicamente a prendere un numero discreto di prede.

E’ stata un’esperienza interessante e ve la riferisco perché si tratta sicuramente di un modo efficace di insidiare l’orata. Tuttavia, penso sia un vero peccato sparare a un pesce così affascinante tra quattro pareti di roccia, dove si comporta in un modo pigro ed è sostanzialmente indifesa, al contrario di ciò che avviene in acqua libera, quando si trasforma nel più formidabile degli avversari.

Diciamo che quando le orate “entrano” hanno i loro areali in cui cercano il nutrimento, in particolare con le scadute di mare. Credo che, conoscendo bene i suoi posti, un pescatore avrà bene disegnata in mente la mappa delle zone in cui ha catturato o, comunque, visto le orate nelle stagioni giuste (in particolare a novembre e a maggio) e quindi saprà esattamente dove provare a insidiarle all’agguato e all’aspetto mentre stanno razzolando al libero.

Strategia e tattica

L’orata è il pesce più difficile da insidiare in acqua libera con la classica “peschetta”. Per quanto mi riguarda, è quello con cui ho le peggiori statistiche (nel senso che il rapporto tra pesci a tiro e pesci catturati è addirittura inferiore al cinquanta per cento). Insomma, ne prendo poche per quante riesco a vederne, e già vederle non è facile!

Per catturare un’orata bisogna fare tutto alla perfezione (e sappiamo che, per riuscirci, serve anche un pizzico di fortuna, oltre che un’indubbia abilità). L’orata, infatti, è territoriale e viene all’aspetto, ma non con la dissennata e ottusa aggressività della spigola. Lei si avvicina con accelerazioni e scarti successivi, dopo ciascuno dei quali valuta attentamente la situazione e con lucidità si riserva di decidere se proseguire o, invece, andarsene (e decide quasi sempre di andarsene).

La sua linea laterale ha, evidentemente, caratteristiche tali da dare al pesce un quadro perfetto e molto dettagliato della situazione. Lo dimostra il fatto che mi hanno sempre individuato con grande facilità, sia dal basso verso l’alto che dall’alto verso il basso (mentre le spigole e, soprattutto, i cefali hanno qualche difficoltà a percepire bene i corpi situati più in basso di loro). Di conseguenza, quando avete capito che ci sono orate in zona toglietevi dalla testa l’idea di accelerare l’azione e di farvi prendere dalla foga per catturarne il maggior numero possibile, come avviene con altre specie. Preparatevi invece a fare tutto per il meglio con la massima cura e precisione. Preparate la ventilazione con calma, scegliete gli appostamenti con la massima cura, verificate bene la direzione dell’onda, della corrente e della luce e muovetevi meglio che potete, stando bassi ma senza sbattere sulle rocce.

L’orata potrebbe arrivarvi all’aspetto dopo una posta di solito piuttosto lunga e sarà a tiro solo se avete una copertura adeguata. Però, se non si avvicina abbastanza è inutile tentare una sortita: sempre “sul pezzo”, non si fa certo approcciare in acqua libera da un subacqueo. Oppure potreste sorprenderla all’agguato mentre sta mangiando e grufola con il capoccione tra le rocce, facendo un rumore d’inferno con le potenti mandibole che schiacciano mitili. In tal caso, dato il rumore e la concentrazione sul cibo, il pesce sarà distratto e potrete tentare un avvicinamento all’agguato, ma prestando molta attenzione. Basterà una frazione di secondo in cui la linea laterale vi percepisca per provocare una fuga di una tale rapidità che non vi consentirà di sparare al bersaglio, nemmeno con il pesce un metro davanti alla punta del fucile. Personalmente, ho perso orate in questo genere di situazione nelle maniere che non avrei mai creduto possibili ma, data l’esperienza fatta, devo ammettere che questo pesce è più veloce del mio dito sul grilletto.

Da ultimo, solo due parole per commentare la possibilità di incontrare branchi che vagano alti nelle stagioni di entrata. Se si ha la fortuna di assistere a un incontro del genere è certamente possibile fare grandi giri con il gommone a tutto gas sopra i pesci per farli intanare e poi prenderli facilmente in tana con il cinque punte. Senza nessuna superbia, ma con la totale modestia del semplice pescatore da terra che sono, voglio esprimere la mia disapprovazione per questo genere di prelievo. Che valore ha una foto con una collana di quattro o cinque grossi esemplari catturati così?

Ognuno può valutarlo con la sua coscienza, ma se consideriamo negativamente il cianciolo non possiamo a nostra volta comportarci in questo modo se troviamo il montone.

L’azione di cattura

Deve essere semplicemente perfetta. In acqua libera l’orata non ha punti deboli e quindi non si può barare nè usare trucchetti da quattro soldi: dobbiamo semplicemente fare tutto nel migliore dei modi. Se localizziamo il pesce che si avvicina all’aspetto, dovremo verificare mentalmente che la nostra copertura sia eccellente e se non lo è migliorarla al volo. Se scarta e temporeggia dovremo lentamente cominciare a scomparire alla sua vista: ogni movimento brusco, ogni perdita di presa e ogni rumore non saranno perdonati.

Se l’animale arriva a tiro dobbiamo sparare senza esitazione nel primo momento utile, prevalentemente con il pesce in avvicinamento o, al più tardi, al momento dell’ultimo scarto. Solo se siamo riusciti ad avere una copertura e un movimento veramente ottimali, l’orata, invece di fuggire istantaneamente, potrebbe (dico potrebbe, ma non è sicuro) decidere per una breve sosta, dandoci le spalle in diagonale (già con la pinna dorsale dritta). Si tratta di una sosta di circa un secondo al massimo ed è la nostra ultima occasione. Dopodiché, addio per sempre.

Quasi dimenticavo di dire che l’orata, oltre ad avere uno scatto fulminante, è dotata anche di una “schivata” di tutto rispetto sulla freccia in arrivo che, in particolare nei tiri lunghi, gli consente di salvarsi spesso e volentieri. Percepita la partenza del dardo, frena e inverte con grande rapidità, ragion per cui cercare di anticipare il tiro sugli esemplari che passano veloci può essere rischioso. Infatti, l’orata potrebbe fare in tempo a frenare e la freccia passare davanti al muso, laddove abbiamo mirato.

Come dicevo, l’orata che mangia con la testa in basso e il codone che ondeggia è più facile da individuare all’agguato per via delle spanciate d’argento, ed è più facile da avvicinare per la distrazione del pesce e per il rumore delle mandibole che copre il nostro agguato. Ma basta un nonnulla per spaventarla e, quindi, ci vuole un movimento perfetto e anche parecchia fortuna.

Box L’orata delle Murelle

La prima orata mi arriva veloce leggermente da destra, ma sono troppo alto e il pesce percepisce subito la mia mole minacciosa e scarta ancora, sempre sulla destra, avviandosi a transitare dietro un masso. Mi alzo di poco dalla mia posizione, indeciso se provare una sortita per incrociarla e tentare un tiro. Mi sembra troppo rapida e nervosa e, trattandosi di un pesce così furbo, un tentativo del genere mi pare improponibile.

Mentre l’orata accelera ancora e sparisce dietro il masso, ingoio la delusione e mi riabbasso cercando di incastrarmi con più forza nel nascondiglio in cui entro a stento. Ecco che vedo il secondo capoccione ondeggiante che viene quasi dalla stessa direzione del primo pesce; questa orata non mi ha sentito e quindi cerco di allineare, continuando, nel limiti del possibile, a incastrarmi sempre di più verso il basso. La difficoltà è la solita, e cioè quella di essere pronto al tiro nel momento dello scarto dell’animale, ovvero decidere di sparare di muso, ma soltanto quando questo tipo di tiro – oggettivamente più difficile – sia diventato assolutamente a colpo sicuro.

E’ una scelta difficile, ma l’orata mi trae d’impaccio perché scarta. Il tiro è facile ma d’imbracciata (e non può essere diversamente in casi del genere). Presa. Un po’ bassa ma in sagola.

Tre casi di telepatia

(Uno) A “ore 12” molto più alte di me compaiono due orate che arrivano di muso. Sono ancora lontane, decido di cominciare a schiacciarmi piano piano, ma perdo leggermente la presa con la mano sinistra per un decimo di secondo. E’ un’oscillazione quasi insignificante, ma i pesci, che sono ancora lontanissimi, alzano all’unisono le spine dorsali e partono in fuga come due meteoriti.

(Due) Sono perfettamente nascosto e vedo una grande orata venire verso di me. C’è mare calmo e una visibilità perfetta, ho la fondata paura di essere individuato. Per questo mi nascondo completamente, anche al prezzo di perdere il contatto visivo, pur di non farmi notare. Rimango così nascosto ad aspettare che l’orata sbuchi nel punto stimato.

Eccola. E’ leggermente “lunga”, ma si può provare. Devo solo fare una piccolissima correzione di mira, sono fiducioso. Invece, non si sa come, in un battito di ciglia, il pescione sente la mia presenza e scatta come un missile. Il tiro, scoccato in ritardo e ormai inutile, si perde due metri abbondanti dietro al pesce.

(Tre) Sto effettuando un lungo aspetto e davanti – vicinissimo – c’è solo un fitto branco di salpe. Mi sto annoiando e comincio a esercitarmi a brandeggiare così lentamente da non spaventare i pesci (che notoriamente sono furbi e sensibili). Sono soddisfatto del mio brandeggio “non aggressivo” perché le salpe rimangono tranquille, a un metro dalla punta del fucile.

Improvvisamente, proprio nella loro direzione, compare una grossa orata. Solo per un istante mi sento fiducioso, penso di poterla catturare. Infatti, il pesce è ancora lontano e, per pura fortuna, sto già correggendo il tiro proprio nella direzione giusta.

Ma vengo subito deluso. Incredibilmente e sottolineo, incredibilmente, l’orata, a oltre 7 metri di distanza, mi percepisce perfettamente e scappa come un missile. Tutto questo mentre le salpe che ho proprio davanti alla punta del fucile continuano a rimanere tranquille. Pazzesco. Ma le orate leggono nel pensiero?

Orate delle Najadi

Rotolano potenti le onde lunghe residue, provenienti da una lontana mareggiata. Dopo pochi tuffi capisco che la situazione è difficile. A terra l’acqua è color “fango” e anche in mare aperto, sul fondo, c’è un metro e mezzo di torbido ricco di sospensione che “balla la samba”. Niente pesce, nemmeno le salpe! Al largo spero di trovare una zonetta con acqua più chiara.

Tento un ennesimo tuffo. Nel momento in cui rialzo la testa per completare la caduta noto che, finalmente, l’acqua è leggermente più pulita. Ma non ho tempo di pensare perché vengo praticamente investito da un fitto branco di salpe.

Dopo una trentina di secondi arrivano i saraghi. Dritti davanti a me due esemplari di circa trecento grammi effettuano brevi avvicinamenti e fughe. Sono concentrato per cercare di individuare un “padellone” dietro di loro, quando avviene l’inaspettato. L’orata mi sta puntando, ma mi sente e compie una prima virata sulla destra. Mi rendo conto che devo sparare subito.

D’istinto arretro il fucile e sollevo il gomito per cercare di tirare al volo, allineando alla meno peggio. Farò in tempo? La mia mente è piena di flash in cui già mi vedo felice per la cattura o deluso per il pesce perduto. Finalmente riesco a completare l’allineamento improvvisato. Nel frattempo l’animale ha compiuto un altro scarto, sempre nella stessa direzione. Probabilmente adesso sta per fuggire. Ma è ancora lì, solo che si è allontanata di mezzo metro e ormai non la vedo quasi più. Non c’è tempo per pensare e sparo. Nuoto in avanti più veloce che posso e l’orata è lì, attraversata dall’asta da dietro verso il davanti.

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