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Test e Presentazioni

C4: scarpetta 300 2.0 Easy fit

Sempre un passo avanti

E’ la nuova versione che, pur mantenendo le eccezionali doti della vecchia, risulta più comoda da indossare. Sono state inoltre aggiunte 2 taglie di Jack Cubeddu

Questo mese parliamo della nuova scarpetta 300 di casa C4 e lo facciamo nella sua evoluzione 2.0, definita “Easy Fit”; una soluzione finalizz ata a perfezionare un prodotto già eccezionale, caratterizzato da un design elegante, un peso senza eguali e un comfort unico nel suo genere.

L’analisi
In questi ultimi anni la 300 ha rappresentato una gran rivoluzione nel mondo delle pinne, abituato sino ad allora a modelli che appesantivano i piedi, il tutto contornato da longheroni che il più delle volte compromettevano la reale risposta della pala.
A partire dalla nascita della 300 ci ritroviamo ora, nel 2020, con prodotti sempre più performanti e dai pesi irrisori, prendendo in considerazione pinne in carbonio che tempo addietro pesavano un chilogrammo l’una e che oggi, a stento, ci arrivano alla coppia.
Nel complesso di queste note positive, risultava un solo “tarlo”, che la C4 va a sopperire con questa versione 2.0, denominata Easy fit. Infatti, il cruccio (per me e per tanti appassionati del mondo C4) riguardava la vestizione della scarpetta.
Nonostante la morbidezza e la resistenza del materiale, il collo abbastanza stretto rendeva necessario l’uso di un calzascarpe oppure la messa in campo di mirabolanti manovre per poter indossare la scarpetta. Con conseguente perdita di tempo e qualche imprecazione.

Il colpo d’occhio
Una volta effettuato “l’unboxing” dello scatolone C4, noto con piacere che il materiale di questa nuova scarpetta mostra sempre una morbidezza fuori dal comune e anche nuovi numeri intermedi tra il 40 e il 44, che si vanno ad aggiungere alla ricca serie di taglie, che coprono dalla 36 alla 49.


Infatti, per permettere una migliore vestizione e una scelta più accurata del prodotto, la C4 va a coprire tutti i numeri, inserendo dal 40/41 i successivi 41/42, 42/43 e via dicendo.
Le sue linee presentano un’anatomia definita “Best”, con la classica preforma di tre gradi, il tutto atto a garantire una migliore connessione tra piede e pinna e perfezionare un comfort di per sé già eccezionale.
Ma le impressioni lasciano il tempo che trovano, non resta quindi che portarle in mare.

Il nostro test
Per provarle al meglio e notare la differenza tra il passato e questa nuova proposta Easy fit, ho deciso di portare con me un modello antecedente a questa “rivoluzione”, le mie amate Silver Sea, che montano una 300 di vecchia produzione.
Chi mi ha accompagnato in mare in questi ultimi anni ha avuto modo di notare che, nonostante avessi un’ottima dimestichezza nel vestire la pinna, ci mettevo comunque più tempo a prepararmi rispetto ai miei compagni. Così, abituato alle mille peripezie della vestizione decido di indossare un calzare abbondante, da 5 millimetri, che mi permetterà di mettere fin da subito alla prova la reale facilità di calzata dalla nuova 300.
Facile a dirsi e a farsi!
In men che non si dica indosso la scarpetta, che a differenza del modello montato sulle Silver Sea mi permette in pochi secondi di essere pronto e operativo; indosso la maschera Plasma e via in acqua.
La pala che mi accompagna in questa avventura è un’Indian Camu Med di durezza 30, che per uno come me, abituato alle 25 (soft), è perfetta grazie alla morbidezza e alla flessibilità dettata dal longherone delle 300, che permette una reale flessione della pala senza condizionarne la durezza.


La pinneggiata in superficie è al contempo fluida ed energica e la 300 2.0 ci mette del suo. Infatti, il materiale con cui è realizzata (soprannominato Area51), oltre a risultare morbido e avvolgente sul piede, presenta una nota “scattante” nella risposta, agevolando attraverso i longheroni il lavoro della pala.
Quanto di positivo ci regala lo spostamento in superficie, viene confermato anche nella successione dei tuffi, durante i quali il comfort delle 300 rimane immutato e permette di pescare per ore senza la pesantezza e la costrizione che causano altre scarpette.
Lo stacco dal fondo è possente e anche una pinna corta come la Indian viene esaltata dall’elasticità dei longheroni, che amplificano la resa dell’eccellente carbonio.
Le ore di pesca passano veloci, il sole è prossimo al tramonto e riprendo la via del rientro. Anche nella svestizione la scarpetta mi lascia piacevolmente sorpreso e con facilità, afferrando i bordi del tallone, faccio forza e la sfilo rapidamente, guadagnando tempo e risparmiando energie. Sono ormai alla macchina e rindossate le “vesti civili” mi incammino verso casa.
Non resta che tirare le somme su un prodotto che già negli anni scorsi ho avuto modo di apprezzare e stimare e che con questo ulteriore “upgrade” chiude un cerchio, perfezionando definitivamente una scarpetta nata e cresciuta come rivoluzionaria.

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