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Senza Categoria

C’è torbido e torbido

Uno e mille tipi di torbido

E’ spesso difficile dire se le diverse condizioni del mare siano buone o cattive per la pesca subacquea. Frequentemente la loro connotazione negativa o positiva dipende dall’interpretazione che riusciamo a darne. E le diverse tipologie e gradazioni di torbidità dell’acqua sono da annoverarsi tra le più classiche situazioni di pesca che richiedono un grande sforzo interpretativo.

Quando una persona è giovane tende di solito a tagliare le questioni con “l’accetta” e tutte le cose sembrano dividersi nettamente tra positive e negative senza fare grandi sfumature, infatti mi ricordo che, quando avevo vent’anni, consideravo l’acqua limpida sempre positiva e il torbido sempre una jattura. Oggi la penso diversamente, ma forse sarà anche perché di pesce ce n’è sempre meno e, per fare qualche cattura, bisogna essere creativi e frequentare i posti e le situazioni piu’ originali.

Quindi con gli anni, facendo di necessità virtù, si comincia a capire che limpido e torbido non sono due categorie monolitiche e che esistono tanti tipi di limpido e tanti diversi tipi di torbido, perché in natura ogni realtà, pur apparentemente semplice, è composta da una quantità di sottofattori di diversa origine, allo stesso modo in cui l’atomo è composto di nucleo, elettroni e protoni.

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La prima cosa da dire a gran voce è che l’acqua limpida non è sempre pulita allo stesso modo in cui l’acqua torbida non è sempre sporca. In astratta teoria non bisogna dimenticare, infatti, che il torbido è formato da una sospensione nell’acqua di sostanze che sono insuscettibili di sciogliersi. Facendo un esempio classico, ricordiamo che il sale, invece, si scioglie nell’acqua e quindi non modifica affatto la sua cristallina trasparenza, mentre il fango, l’alga morta o la sabbia, rimangono in sospensione e modificano il grado di limpidezza dell’acqua. Quindi acqua limpida non significa pura perché potrebbe sempre esserci disciolto qualche inquinante. Allo stesso modo, acqua torbida non significa sporca, perché non credo che ci sia qualcuno che sostenga che il fango, la sabbia o l’alga siano cose sporche e, quindi, l’acqua torbida è da considerarsi sporca solo se la sua scarsa trasparenza è caratterizzata dalla presenza in sospensione di particelle di materiale classificabile come sporcizia di provenienza esogena rispetto al mare.

Le caratteristiche del fondale

Ci sono quindi luoghi di mare che tendenzialmente sono caratterizzati da acqua limpida perché poco soggetti a favorire un sollevamento dal fondale del particolato in sospensione. Sono normalmente fondali di roccia compatta. A titolo di mero esempio cito il fondale dell’Isola del Giglio che è caratterizzato dal granito che, specie in alcuni punti, è solido, compatto e liscio per il fatto di essere stato “massaggiato” da migliaia di anni di mareggiate che l’hanno levigato senza avere la forza di romperlo. Al Capel Rosso al Giglio ho goduto spesso dello spettacolo di cinquanta metri di visibilità con l’impressione di volare sul lontano fondale sottostante.

In fondali, invece, caratterizzati da sabbia e fango particolarmente sottili si determina una sorta di “effetto borotalco” e molto difficilmente si raggiunge un gradiente di visibilità paragonabile a quello dei fondali di roccia liscia. Infatti un minimo di sospensione rimane sempre a rendere l’acqua leggermente velata ed a diminuire sensibilmente la visibilità. Ho fatto una discreta esperienza degli “aspri rocciosi” del basso adriatico, dove venti metri di visibilità sono un sogno che si raggiunge solo qualche volta in condizioni particolarissime di leggera corrente che porta acqua molto trasparente dal largo e dal sud, ma senza un movimento di mare tale da sollevare il sottilissimo sostrato polveroso del fondale di quelle parti.

La mareggiata

Perfino al Giglio al Capel Rosso una robusta mareggiata diminuisce sensibilmente la visibilità, perché tutto quello che si può sollevare dal fondale si solleva e rimane a mezz’acqua ad ondeggiare in sospensione finché il mare non si placa nuovamente. Il torbido da mareggiata è quel torbido che “fa pesce” e il pescatore subacqueo all’agguato e all’aspetto che parte da terra deve imparare a conoscerlo ed amarlo. Sia l’acqua che si “sporca” (tra virgolette) all’alzata di mare e sia l’acqua che si schiarisce nella scaduta successiva, sono condizioni di mare in cui tutto il pesce gira frenetico nel bassofondo per rimpinzarsi con il cibo abbondante che è stato strappato alle rocce e sollevato dal fondo dalla forza del mare.

La pioggia

La pioggia in se e per se altera la salinità e modifica parzialmente la visibilità in superficie ma non fa danni e non allontana il pesce. Caratteristica è la provvisoria perdita di nitidezza della visione subacquea determinata dalla presenza di acqua dolce che si sta miscelando con l’acqua salata. Questa specie di torbidezza molto peculiare si manifesta alle foci dei fiumi e in punti e momenti di fortissima pioggia, in cui la quantità d’acqua dolce che si sta riversando in mare supera un certo livello. Il sub in tali condizioni ha appunto l’impressione di perdita di nitidezza della visione subacquea, ma basta affondare la testa di una decina di centimetri, ponendola fuori del flusso di acqua dolce, per recuperare la perfetta visibilità.

Le immissioni dai corsi d’acqua

Inoltre la pioggia ha anche un effetto indiretto perché gonfia i fiumi, li fa esondare oltre i consueti argini, e li spinge verso il mare carichi di ogni genere di materiale: dal puro e semplice pulviscolo di fango, ai tronchi d’albero ma fino anche – purtroppo – a trascinare con se pura e semplice spazzatura, residui di produzione industriale e prodotti chimici di ogni natura. Gli apporti di acqua inquinata dei fiumi sono il vero punto critico delle zone di acqua torbida. Da noi nel Lazio nord, dopo tre o quattro giorni di scirocco forte, l’acqua diventa più torbida perché (oltre al sollevamento del pulviscolo del fondale determinato dal moto ondoso) arriva proprio in massa l’acqua sporca del Tevere con la sua spazzatura e quando parlo di spazzatura mi riferisco all’immondizia nel senso letterale del termine. Non si può sbagliare perché quando accade ciò basta guardare la superficie in risalita per vederla piena di rifiuti galleggianti più o meno distrutti dalla lunga permanenza in acqua: sacchetti di plastica, assorbenti, fermagli per capelli, pacchetti di sigarette vuoti, bastoncini per pulire le orecchie e quant’altro di peggio la vostra fantasia può riuscire ad immaginare. E’ sufficiente vedere spettacoli del genere per immaginare di quale natura può essere la sospensione torbida intorno a noi in certi momenti e in certi luoghi. Si dice che nei fiumi che escono dalle grandi città ci sia addirittura una quantità modesta ma rilevabile di cocaina e su questo mi verrebbero tante cose da dire ma poiché ho la fortuna di scrivere su una rivista di pesca subacquea preferisco astenermi. Dunque per capire l’effetto di questo genere di torbido sui pesci bisogna discernere la natura del materiale portato dai fiumi. In generale infatti l’acqua dolce dei fiumi, se pulita, apporta microorganismi nutritivi che attirano il pesce ma questo concetto sta diventando, con gli anni, sempre di più soltanto un’astratta teoria. Ciò avviene perché l’inquinamento dei nostri corsi d’acqua è ormai talmente grande che un apporto di acqua popolata solo dei microorganismi naturali è diventato più un qualcosa che si studia sui libri che non un elemento della realtà che viviamo. La realtà che viviamo invece ci dice che soltanto le foci di alcuni piccoli corsi d’acqua, in particolare nelle stagioni poco piovose, sono ancora delle fonti di forte e costante attrazione per il pesce. Se invece si parla dei grandi fiumi che attraversano le zone molto antropizzate gli stessi portano talmente tante sostanze poco piacevoli che quando si determina una situazione come quella che vi ho descritto prima del “fiume di spazzatura” tutto il pesce scompare istantaneamente. E perfino se il mare poi si calma e l’acqua ritorna limpida (limpida ma non pulita e di uno strano colore ambrato) il pesce tarda a riaccostarsi a terra perché per ritornare preferisce aspettare di essere accolto da un’acqua di una qualità un po’ migliore. Ecco quindi un caso in cui perfino l’acqua limpida si può definire sporca in quanto, in soluzione dentro di essa, ci sono chissà quali sostanze esogene inquinanti organiche e chimiche (anche lasciando da parte la cocaina). Alle foci di questi grandi corsi d’acqua ormai, per trecentosessantacinque giorni all’anno, sopravvivono degli ecosistemi molto alterati nei quali convive un ristretto numero di specie animali e vegetali in condizioni di vita molto alterate.

Anche parlando di apporto dai fiumi e dai rivi di acqua accettabilmente pulita, un particolare tipo di torbido è quello che viene generato dal fango degli argini che viene trascinato in mare, in particolare in corrispondenza dei periodi autunnali di forti piogge. Si tratta di un fenomeno in se stesso completamente naturale che fa parte, tra l’altro, del processo di formazione del litorale, nella misura in cui tale apporto nei secoli determina la creazione di pianure sedimentarie sul fondale davanti ai corsi d’acqua importanti. Nel brevissimo periodo tuttavia questo fenomeno comporta degli sbalzi importanti nel livello di visibilità. Un moderato apporto di fango in sospensione attira il pesce in quanto lo stimola ad avvicinarsi per cibarsi dei tanti microrganismi trascinati all’interno della sospensione. Ma un apporto molto grande, come quello che annualmente si determina con le forti piogge della fine dell’autunno e dell’inizio dell’inverno, allontana fatalmente il pesce in quanto rende l’acqua meno ossigenata. E inoltre io personalmente sono convinto che anche i prodotti chimici dell’agricoltura che vengono trascinati in mare abbiano, come minimo, un loro forte effetto repulsivo sulle creature marine.

La proliferazione dei microorganismi

Può essere un fatto più che naturale come si constata in alcuni famosi fenomeni di colorazione delle acque determinati dal fitoplancton e dallo zooplancton. Personalmente ho assistito alla grande eutrofizzazione del mare Adriatico della fine degli anni ottanta e alla contemporanea sparizione totale del pesce per la mancanza quasi assoluta di ossigeno in quel “brodo verde”. Modesti fenomeni di eutrofizzazione ci sono stati anche nel Tirreno in estati di acqua particolarmente ferma e calma. Ricordo per esempio il 2003 quando alla fine di agosto una forte proliferazione algale si manifestò anche dalle mie parti a Santa Marinella e a Civitavecchia. Quasi automaticamente con l’eutrofizzazione diminuisce l’ossigeno disciolto nell’acqua e il pesce, che non gradisce, si allontana.

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