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Senza Categoria

La pesca in laguna

La pesca in apnea in Veneto in generale e nella Laguna Veneta in particolare è un qualcosa di completamente differente dalla pesca subacquea effettuata in tutto il resto d’Italia. Certo il mare è sempre mare, ma le differenze sono tante e tali, per le condizioni di visibilità, di corrente, di marea, di salinità, di temperatura dell’acqua e, non da ultimo, per le grandi problematiche determinate dai diffusi divieti di praticare la pesca in apnea, spesso distribuiti in modo abbastanza discutibile, che la pratica del nostro sport in questa zona di litorale è totalmente diversa da quella di qualsiasi altra parte della penisola. Avevo da tempo l’idea di scrivere qualcosa su questi luoghi ampiamente trascurati dalla nostra letteratura di settore. Certo non pensavo di scrivere un itinerario classico, perché credo che sia impossibile, ma volevo perlomeno cercare di raccontare il senso di questi luoghi e far sentire l’atmosfera della pesca in apnea in questi posti che sono tanto difficili ma spesso tanto sorprendentemente meravigliosi. Ho cercato di informarmi in giro e unanimemente mi hanno indicato due nomi che, nella regione, sono quasi una leggenda. Due nomi di senatori della pesca subacquea nella laguna di Venezia, due nomi di personaggi schivi, di Campioni non riconosciuti da una federazione ma riconosciuti dalla maggioranza silenziosa dei pescatori in apnea (che significa molto di più). Due grandi personaggi locali di quelli che non amano parlare troppo e, in particolare non amano raccontare delle zone di pesca e delle catture. Stava a me riuscire a guadagnarmi la loro fiducia in misura sufficiente a convincerli a farsi intervistare e ad aiutarmi a scrivere sulla nostra rivista un articolo per illustrare la pesca in apnea nella laguna veneta. Sto parlando di Maurizio Bon detto “il Mamo” classe 1948 e di Angelo Cereo detto “il Magnifico” classe 1944, entrambi ancora pescatori in piena attività e universalmente riconosciuti come i più famosi della laguna. Proprio “il Magnifico e il Mamo”, è stato il titolo che ho pensato di proporre per questo articolo. Ma il Mamo ci ha tenuto a precisare che dovevo mettere il nome del Magnifico prima del suo, riconoscendone il magistero come pescatore.

L’ambiente sottomarino

La pesca in una zona di acque torbide e con correnti impetuose come quelle di Venezia deve tenere conto di molteplici fattori.

Qui la corrente è un grande fiume il quale viene generato e determinato dal gioco delle maree e degli afflussi e deflussi delle acque dolci e che, al pieno della sua forza, trascina via qualunque subacqueo a meno che non si aggrappi al terreno piantando un coltello nel fondale. Il sostrato del fondo è fangoso, polveroso, ricco di lattuga di mare che si attorciglia da tutte le parti e, spesso, infestato dalle meduse. Inquadrare un pesce è una impresa ai limiti dell’umano. Ma di quale ambiente stiamo parlando? La cosiddetta barena veneziana è per intenderci quella zona in cui la laguna si insinua nell’entroterra, innervandosi in molteplici canali in cui l’acqua si insinua e si ritira seguendo il rito eterno delle maree. E’ un ambiente suggestivo che sembra quello di qualche pianeta sconosciuto della saga di Guerre Stellari e in cui i canali si intuiscono più che vederli per la presenza dei pali delle “briccole”. Un ambiente in cui l’acqua si sostituisce alla terra non attraverso una chiara linea costiera evidentemente delimitata ma, tutto al contrario, attraverso una vasta zona umida di interscambio in cui l’acqua e la terra sembrano spesso confondersi tra di loro, inframezzate da estensioni erbose, distese di fiorellini e improvvise pozze d’acqua. In diversi punti si possono vedere alcune costruzioni di mattoni rossi, segno di pregressi o attuali insediamenti umani finalizzati alla pesca, all’allevamento o alla caccia. Il fango della laguna ha caratteristiche di consistenza spesso molto variabili: a volte è impalpabile al punto da essere impercettibile, mentre a volte si addensa fino a diventare una specie di roccia di fango, salvo poi dissolversi di nuovo a seconda delle condizioni di mare e di temperatura al contorno. In questa situazione il pesce cerca di crearsi delle tane come può, sfruttando le diverse caratteristiche del sostrato e quindi, anguille a parte, si possono trovare spigole e orate nelle situazioni più strane.

In questo habitat unico al mondo prosperano le spigole della laguna, più scure e pigre di quelle del mare aperto, ma soprattutto gigantesche. Rese invisibili dalle condizioni del mare sono spesso troppo spavalde e cadono vittima dei più esperti pescatori del torbido come Mamo e il Magnifico, uomini che pescano in un ambiente dove il mare si confonde con la terra e dove l’acqua si confonde con il cielo e tutto sembra colorarsi di un unico grigio perlaceo, immerso in una nebbiolina misteriosa, come fosse un ambiente extraterrestre creato da qualche mago degli effetti speciali.

Angelo Cereo, detto il Magnifico

Sono classe 1944. Ricordo che da ragazzino abitavo a Mestre e c’era una zona dove alcune buche derivanti da esplosioni dei bombardamenti aerei si erano riempite di acqua dolce e, di conseguenza, si erano popolate di pesce di acqua dolce. In questa situazione surreale ho cominciato a pescare proprio in questo modo: con una cannetta di bamboo nelle buche dei bombardamenti piene d’acqua. Ma nella zona era pieno di canneti e zone umide e, nelle giornate in cui il pesce non mangiava, ho cominciato a spogliarmi e buttarmi in acqua cercando di prendere i pesci con le mani. Era un ambiente bellissimo, non inquinato e pieno di lucci e tinche. Di pesci con le mani ne prendevo tanti e anche grossi. Poi ho provato con la prima mascherina a fare esperimenti con un tubo per vedere quanto riuscivo ad andare sotto. Tuttavia, da quando è nata Porto Marghera è cambiata la qualità dell’acqua e di pesce ce n’era meno. Poi un giorno, improvvisamente, sono arrivate le sanguisughe. Ero uscito dall’acqua e sentivo uno strano prurito in tutto il corpo: mi sono guardato ed ero pieno di sanguisughe. Da quel giorno ho lasciato quella zona e ho cominciato ad andare in Laguna. Con il mio motorino raggiungevo le dighe foranee e facevo incetta di cannolicchi e sogliole. Poi con i primi fucili sono iniziate le spigole. Avevo dei Mares a molla e poi qualche Cressi. In Spagna ho comperato un Nemrod di un metro e, con la nostra acqua torbida, sparavo troppo da vicino e tagliavo i pesci a metà. Poi sono venuti i Medisten, i Ministen e i Miniministen che dalle nostre parti erano ideali e sono eccellenti ancora adesso. Ho fatto qualche gara con il circolo Tergeste di Trieste e nel 1996 ho chiuso con il campionato italiano master. Ricordo che ho fatto un paio di selettive a Rovigno ai tempi di Martinuzzi.

Il tonno

Di spigole negli anni ne abbiamo prese a migliaia ma ogni tanto nella laguna è entrato qualche pesce inaspettato. Ricordo che tanti anni fa nei pressi del mio barchino mi sono trovato al cospetto di un tonno. Ero convinto comunque di fermarlo. Gli ho sparato sulla testa e ho perso il fucile. L’ultima immagine che ho è quella del tonno che scappa via con il mio fucile al traino. Erano tempi eroici e con i barchini da laguna andavamo anche dieci o quindici miglia fuori e, qualche volta, tornavamo accompagnati dalla Guardia Costiera. Ma chiudevano un occhio e ci trattavano con indulgenza, forse perché pensavano che fossimo fuori di testa.

Le spigole

C’erano per davvero le spigole un tempo. Tanti anni fa quando c’erano le calate d’acqua a volte centinaia di spigoloni di quelli grossi si assommavano in tre metri d’acqua in certe zone non lontane dall’ingresso del porto. Stazionavano sulla sabbia in pochissima acqua ma erano punti battuti da una corrente a dir poco spaventosa. Ricordo che si faceva appena in tempo a dare lo schiaffo sull’acqua e a scendere, piantando il coltello sul fondo per non essere spazzati via dalla corrente (era l’unico modo per fermarsi). E poi bisognava guardare nel torbido assoluto controsole sperando di vedere un’ombra. In pochi istanti poteva arrivare da qualsiasi direzione uno spigolone che raramente era più piccolo di cinque chili e spesso molto più grande. Se ne prendevano di ernormi al punto che per scherzare chiedevo sempre al barcaiolo se avesse visto altri subacquei nelle vicinanze, perché alcune spigole erano talmente grandi da sembrare persone.

Gli inconvenienti di un mare difficile

Un anno il mare era un tappeto di meduse. Ricordo che quel giorno c’era una corrente fortissima e ero costretto a farmi trainare con la barca per riuscire a fare la capriola sul punto giusto. Ma le meduse erano così fitte che si infiltravano nel cappuccio della muta e attraverso il boccaglio i tentacoli fini mi arrivavano alle labbra. Ad un certo punto mi è sfuggito uno dei due fucili che avevo in pugno e, contemporaneamente, una medusa mi ha urticato le labbra. Mi sono contorto per recuperare l’arma che altrimenti avrei perduto nel torbido e ho commesso un errore fatale. Nella concitazione è partito un colpo di fiocina che mi ha trafitto un braccio. Racconto questo solo per far capire che da queste parti si pesca spesso in condizioni spaventose. Qualche volta pesco in corrente lasciando il barchino libero sopra di me. Nei momenti di corrente calma si può fare, ma quando la corrente improvvisamente accelera ecco che si rischia di perdere l’imbarcazione e, qualche volta, ci sono andato vicino. Per fortuna sono stato anche un buon atleta del nuoto pinnato e quindi me la cavo nella velocità del nuoto e sono sempre riuscito a recuperare l’imbarcazione.

Maurizio Bon, detto il Mamo

Vorrei chiarire una cosa, ci sono delle persone più autorevoli di me, esempio il mio amico Angelo Cereo di anni 73. Angelo pesca maledettamente bene più di me: lo chiamano il Magnifico.

Io sono nato a Venezia nel 1948. La prima volta che sono entrato in mare è stato perché un amico mi ha portato a fare i granchi. Mi sono appassionato: avevo 19 anni. All’epoca si poteva andare con le bombole e adoperavamo l’apparecchio a ossigeno, poi mi è morto un amico e siamo passati ai respiratori più moderni. Infine le bombole sono state vietate del tutto. All’epoca l’avevamo presa male ma poi ci siamo resi conto che è stata una cosa giusta. Sembra che molti mi considerino un punto di riferimento ma a me pare di essere un pescatore come tutti gli altri, forse con un po’ di esperienza in più in questo genere di acque strane e torbide dove peschiamo con i corti pneumatici perché hanno più potenza e brandeggio di ogni altra arma, sparando a spigoloni da record con grosse fiocine francesi ma dove possiamo anche trovarci in ogni momento al cospetto di un tonno che salta fuori da una diga foranea.

Quella spigole con le mani

Si è innalzata la temperatura dell’acqua ormai (adesso peschiamo con dieci gradi) e certe cose non accadono più come quando d’inverno si pescava con quattro gradi di temperatura dell’acqua. Si è proprio così; all’epoca sei gradi erano tanti. Ricordo che le spigole d’inverno erano intorpidite dal freddo e certe volte catturavo pesci di tre o quattro chili con le mani. Una volta c’erano due spigolone che erano in una tana tanto piccola che la coda usciva di fuori. Erano ferme con la coda che si muoveva appena appena. Le ho guardate: la tana era minuscola ci entravano a malapena. Ho messo la mano sotto sul davanti, pensando che il pesce così non sarebbe potuto scappare e ne ho afferrata una. Quelle erano tane molto belle e vicine a terra ma adesso, purtroppo, si sono infangate e chiuse. Davvero un peccato. Queste cose potevano accadere perché il branzino ha la squama fina e soffre il freddo che, oltre un certo limite, lo intorpidisce e lo lascia quasi addormentato, mentre il cefalo che ha la squama grossa è sempre attivo anche con temperature prossime allo zero. La spigola invernale che soffre il freddo, al contrario del cefalo, smette di mangiare e per un periodo dimagrisce. Ne abbiamo prese di enormi che erano parecchio magre.

Le tanute che difendono le corvine

Eravamo in una secca esterna dove c’erano le corvine. Vado giù e vedo questo grosso sarago senza macchia sulla coda (una tanuta) che si interpone tra me e le corvine quasi volesse difenderle. Lo catturo vado giù e la scena si ripete. Un’altra grossa tanuta si mette in mezzo per impedirmi di catturare le corvine e di nuovo catturo la tanuta. Insomma la stessa scena si è ripetuta svariate volte con diverse tanute. Una cosa incredibile che non mi era mai successa prima e non mi è mai più accaduta in seguito.

I posti

Nella laguna ci sono molte limitazioni alla pesca in generale e alla pesca in apnea in particolare. Limitazioni oggettive determinate dal traffico nautico e limitazioni legali determinate da una infinità di divieti e regolamenti. I canali sono quasi tutti navigabili e pertanto vietati, bisogna tenere i cinquanta metri di distanza dai pali delle bricole e dalle foci che sono pure altre zone potenzialmente molto appetibili per il nostro sport. Anche per le dighe, come quella situata verso il porto industriale di Malamocco, bisogna vedere in quale stagione ci si trova e informarsi bene su quello che si può fare e su quello che non si può fare.

Le soffolte tra Pellestrina e Malamocco

Oppure ci sono belle scogliere artificiali fuori a circa quattrocento metri da riva. Per esempio molto bella quella che da Pellestrina arriva fino a Malamoco. Sono tre o quattro miglia pescabili che vanno dai sette metri di profondità e risalgono fino in superficie. C’è da pescare per due pescatori per una intera giornata.

La soffolta del Lido di Venezia

Una soffolta di dimensioni quasi uguali è stata realizzata da non più di tre anni davanti al Lido di Venezia. Situata a circa quattrocento metri da terra è caratterizzata dalla presenza di un pennello ogni trecento metri circa ed ha una conformazione davvero interessante. Certamente essendo stata gettata da così poco tempo non ha ancora espresso appieno il suo potenziale di ripopolamento. Nei prossimi anni diventerà sempre di più un punto di concentrazione interessante per il pesce.

Gli allevamenti di cozze abbandonati

Nella laguna ci sono diversi allevamenti di cozze abbandonati che continuano a fare pesce e bisogna fare un po’ di intelligence per conoscerne bene l’ubicazione. In molti punti ci sono formazioni di roccia naturale di tipo sedimentario che creano tane piccole ma che attirano una vita quasi incredibile. Fuori ci sono anche alcune piattaforme ma sono vietate alla pesca in apnea e la presenza di telecamere sia fuori che dentro l’acqua scoraggia i malintenzionati (anche se le telecamere subacquee sembra che certifichino la presenza di grandi quantità di pesce).

I relitti

Esistono poi diversi relitti piuttosto pescosi. Il Wurmac, una nave di 70 metri battente bandiera jugoslava, affondata nel 1961 al Lido di Venezia e che giace su un fondale che va dai nove ai sedici metri. Il Quintino Sella, un Cacciatorpediniere della Regia Marina che giace a 25 metri di profondità, una trentina di miglia a sud di Venezia e ad una decina dalle bocche di Lido. La prua adagiata sul fianco sinistro, è relativamente intatta e riconoscibile, mentre il troncone centro-poppiero, posizionato a circa cento metri di distanza verso il mare aperto, è gravemente danneggiato, anche se molte componenti della nave (caldaie, cannoni, mitragliere) sono ancora riconoscibili. Poi c’è il relitto della Corazzata Amalfi e tanti altri per chi è capace di trovarli.

I pesci

Questo è un mare da cefali e spigole. Ma da qualche anno le cose stanno cambiando per l’aumento della temperatura ma anche per l’attività dell’uomo. Infatti gli allevamenti di cozze, insieme all’aumento della temperatura e alla contemporanea presenza degli allevamenti di orate, hanno fatto proliferare la presenza delle orate stesse anche in mare. Sembra che i grandi maschi selvaggi in qualche modo riescano ad avvicinarsi ai gabbioni di allevamento, creando un canale di riproduzione in mare e, inoltre, gli allevamenti di cozze offrono tutto il cibo necessario mentre, al contempo, la temperatura del mare è più adatta di un tempo alle orate che soffrono, come è noto, molto il freddo. Bellissimi saraghi anche da chilo stanno entrando sempre di più sulle secche e cominciano ad arrivare anche alcuni dentici. Non molti ma belli. Oltre alle lecce anche le grandi ricciole si stanno avvicinando di più a terra, al posto dei limoncelli che c’erano sempre stati. I tonni si vedono sempre di più un anno dopo l’altro. Insomma qualcosa è cambiato. Anche la composizione dell’acqua non è più la stessa, infatti la zona a terra della laguna sta aumentando la sua salinità (e questo modifica alquanto la flora e il fitoplancton caratteristico della zona umida) e il Mose ha creato nuove zone di tane protette per i pesci. Nuovi molluschi arrivano sempre più vicini a terra come, ad esempio, tartufi e perfino cappesante.

Adesso ci sono anche pesci serra e barracuda e la temperatura dell’acqua non scoraggia più questi “ospiti caldi”. Gli astici ci sono sempre stati ma, da alcuni anni, si trova anche qualche aragosta. Tanta vita è possibile per la ricchezza di cibo che ruota intorno alla laguna, prime fra tutte le cozze che sono dappertutto. Il lato negativo è che, con la crisi economica, purtroppo, moltissimi si sono organizzati per arrotondare con il pesce e ci sono ormai migliaia di persone che gettano reti e pescano con tutti i sistemi più moderni.

I cambiamenti della Laguna

Negli anni sono state fatte modifiche per far uscire le acque dolci fuori dalla laguna e questo sta cambiando il gradiente salino della laguna stessa. In molti pensano che per questa ragione la laguna si stia sgretolando e stiano scomparendo i canneti e molte delle formazioni vegetali che un tempo erano tanto rigogliose. L’aumento della salsedine sta creando problemi alle piante ma non alle spigole, che amano il salmastro. Spigole tra le più grandi si trovano nella laguna di Marano a Grado e anche a Monfalcone. Ultimamente in laguna non c’è stato più il freddo di un tempo e sono anni che in inverno non sta ghiacciano più. I pescatori sperano che torni l’inverno di un tempo quando, con la temperatura bassissima in laguna, il pesce si radunava sulle secche esterne dove volendo si potevano fare pescate leggendarie. Alcuni bracconieri di notte non si fanno scrupolo di andare a fare una pesca di frodo con le torce subacquee alle spigole gravide ma si tratta di una cosa che assolutamente non si deve fare se si è dei veri pescatori subacquei. La limpidezza dell’acqua è molto variabile e, durante una stessa pescata, si può passare dai cinquanta centimetri ai dieci metri di visibilità solo girando l’angolo di una diga. Per questo bisognerebbe sempre portarsi dietro dieci fucili diversi e tante combinazioni differenti di zavorra. In generale comunque in laguna oggi l’acqua è un po’ meno limpida di un tempo soprattutto per via del traffico nautico sempre più intenso.

Le maree e la corrente

I pescatori locali sanno che sulla laguna la maggiore influenza è dettata non tanto dai venti ma soprattutto dall’avvicendarsi delle maree. In generale le maree più forti sono quelle che spostano più pesce. Quando la marea cresce l’acqua entra dall’esterno verso la laguna e, insieme all’acqua, entra il pesce nei bassi fondali per nutrirsi, quando, per converso, la marea decresce il pesce si incammina di nuovo sulla strada contraria verso il mare aperto. La condizione migliore per pescare si ha con marea calante e acqua limpida. La limpidezza dell’acqua migliora con il vento di bora e peggiora con lo scirocco e anche con il levante. In ogni caso l’acqua è più chiara in linea di massima nella parte sud della laguna rispetto alla parte nord. Tuttavia in generale la visibilità è parecchio variabile tra diversi posti, anche se situati a poca distanza l’uno dall’altro e questa è una grande difficoltà tecnica per la pesca in apnea nella zona di Venezia. In pratica il pescatore si trova sempre a lottare per avere in mano il fucile della misura giusta e per avere la pesata esatta sulla muta. Non è facile. Un attimo prima l’acqua è chiara e un attimo dopo cambia la corrente e ci si trova nel torbido assoluto.

La corrente è fortissima. Parliamo di una corrente anche a dieci chilometri l’ora: una corrente talmente potente che bisogna piantare il coltello sul fondo per riuscire a fermarsi. Se si è vicino ad una diga ci si può tirare a forza di braccia ma se ci si trova in mezzo al mare, lontani da una protezione o da un ridosso, c’è da fare tanta fatica a pinne. La marea (che fa sbalzi anche da un metro e venti) crea correnti più forti da quando c’è il Mose. Questo perché hanno stretto le bocche e hanno creato come una specie di “Tubo Venturi” con l’acqua che accelera molto veloce. Poi il molto traffico e anche le grandi navi fanno il resto alzando pulviscolo che la corrente trascina a tutta velocità.

Il tipo di fondale

Ci sono delle formazioni compatte che sembrano di roccia ma non sono di roccia. Si sono formate negli anni e alcuni dicono che sia materiale che è caduto dal cielo con una cometa chissà quante migliaia di anni fa. Questo materiale pseudo roccioso appare compatto ma poi, se lo estrai dall’acqua e lo esponi al sole, si scioglie e perde la sua consistenza. Per individuare le oasi di roccia nel fango bisogna affinare l’ingegno. I pescatori locali sono soliti informasi sulle località dove i professionisti hanno incagliato le reti. Ci sono poi i particolari scogli dei canali che si chiamano Ghebi dove, quando possibile, si pesca bene. A volte nel fango si formano delle concrezioni di residui di ostriche e altri crostacei che creano piccole tane abitate. I molti lavori hanno provocato la gettata in punti casuali di molti grossi massi (bisogna scoprire dove sono). E’ impressionante come se si getta un grosso masso in acqua (uno di quelli bianchi che sono stati portati dalla Croazia per i lavori) subito il pesce si interessi a questo nuovo masso e la zona si popoli velocemente. Comunque la base del fondale della laguna è formata da fango e posidonia. Nella parte della laguna sud c’è più posidonia e l’acqua è più chiara, mentre nella parte a nord c’è meno posidonia e l’acqua è più velata. Poi naturalmente, a parte le rocce isolate, ci sono le dighe foranee e le soffolte.

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