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PELIZZARI E LE SUE AMATE BOCCHE DI BONIFACIO

TRA SARDEGNA E CORSICA

Vi proponiamo un estratto dell’articolo di Stefano Tovaglieri sulle avventure di pesca di Umberto Pelizzari. L’articolo completo lo troverete sul numero di Settembre 2022, prossimamente in edicola.

Umberto Pelizzari non ha certo bisogno di presentazioni! Nemmeno tra i pescatori. E infatti ancora oggi mantiene una posizione di leadership del mondo della subacquea, e non solo, grazie alle sue straordinarie doti di comunicatore. Grande carisma e un carattere affabile con tutti sono la chiave del successo che lo vedono protagonista come motivatore in conferenze organizzate da aziende di spicco. E non è un caso che un marchio come C4 gli abbia messo gli occhi addosso arruolandolo (è storia recente) tra le sue fila.

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Conosco Umberto da una vita e mi ha fatto pertanto piacere trascorrere qualche giornata con lui nel “suo mare”, le Bocche di Bonifacio, dove ho potuto osservarlo in azione con le nuove attrezzature. È successo a metà dello scorso mese di luglio, quando abbiamo avuto la fortuna di sfruttare le ottime condizioni meteo-marine (davvero rare in questo tratto di mare). Una tavola laddove, in genere, tira il Maestrale! Ad accompagnarci un altro personaggio di spicco: Cico Natale, cagliaritano doc e gran conoscitore dei mari sardi. Un gruppo davvero ben assortito e, soprattutto agguerrito. Oltre ai due big, c’ero anch’io io che timidamente rimettevo i piedi in mare dopo un brutto infortunio alla schiena e, quindi, con diversi handicap motori e prestativi. Poi c’erano altri due istruttori, sempre della scuola di Umberto, Cimbro Monteverde, sardo pure lui ed Emerson Motta, un veneto con una grande passione per l’apnea. Ero già stato in mare con Pelizzari negli anni passati. Quest’anno, però, partivamo da un punto fermo nuovo. Da ormai oltre un anno non si può più pescare a Capo Testa. Anche qui, infatti, è arrivata l’Area marina protetta e così, di spazio sottocosta, non ce n’è più rimasto. Le sole zone disponibili si trovano oltre le Bocche di Bonifacio, in Corsica, oppure fuori dalla nuova Amp Capo Testa – Punta Falcone, nei canali dove, però, la navigazione è quasi sempre molto sostenuta. Che fare? Semplice. Ci siamo organizzati e abbiamo sfruttato entrambe le opportunità. Ci siamo immersi a quote prossime ai 30 metri, ma anche oltre, nell’abisso, tra risalite con sommi che andavano tra i 18 e i 25 metri. La caccia era aperta ai grandi predoni: dentici e ricciole, per intenderci; le prede preferite da Umberto. La cernia e le corvine, infatti, in Corsica sono protette. Non a caso erano dappertutto! Pesci facilissimi da incontrare. Umberto giocava in casa. Sono oltre vent’anni che, durante l’estate, si trasferisce in Gallura e frequenta questo mare non appena il Maestrale lo permette. Il giorno stesso del mio arrivo a Santa Teresa di Gallura, giusto il tempo di sistemare in camera il bagaglio e l’attrezzatura nella borsa, ed eravamo in banchina a organizzare l’uscita. Tutto era cambiato in gommone rispetto alle altre estati. Adesso Umberto vestiva C4 dalla testa ai piedi e nelle sacche porta fucili c’erano i micidiali Mr. Carbon. Forse i primi ad avere un fusto sagomato in carbonio per renderli più maneggevoli nel brandeggio. Come sempre il battello che ci ospita è un gioiellino! Sempre pulitissimo, ordinato e ben organizzato; in ogni dettaglio. Specchio dell’ordine mentale di un grande personaggio come Umberto, che sa di poter dare sfogo alla sua creatività solo dentro un ordine ben costituito che gli offre lo “spazio” giusto per avere certezze e sicurezza. Pochi minuti e puntiamo verso lo scoglio di Perduto, un piccolo agglomerato di sassi in acque Corse. Tira un discreto Maestrale. Si tratta di una ventina di nodi di vento, tant’è che il mare formato impegna la navigazione e la mia schiena. In quella zona si pesca a “spot”. Umberto, negli anni, ha marcato sul Gps tanti punti. Frutto del suo girovagare stagione dopo stagione. Si tratta quasi sempre di risalite che si avvicinano alla superficie fino a 25, 20 metri. Agglomerati di grotto, a volte sassotti di granito che interrompono il fondale sabbioso e richiamano parecchio pesce. A volte si tratta di abisso: posti oltre i 40, 45 metri, che propongono scenari d’altri tempi. L’ambiente prediletto dai grandi predatori, tra cui il “pallino” dal Pelo nazionale: i dentici. Finalmente ci siamo. A nord dello scoglio Perduto il fondale risale un po’ dappertutto, offrendo diverse zone interessanti. Umberto scende in acqua, lo seguo “a pinna” per fargli sicurezza e per pescare. Abbiamo un solo arbalete in due: il Mister Carbon 115 armato con un doppio elastico e asta da 7 millimetri. Ci alterniamo nei tuffi così da prestarci assistenza. In barca è rimasto Emerson; ci daremo il cambio durante la giornata. Tra arrivo, sistemazione e navigazione è già pomeriggio inoltrato. L’idea è di sfruttare il calasole. E’ il momento più magico per il mare, per i grandi predatori e per chi ama sentirsi in totale sintonia con il liquido elemento. Dopo una serie di tuffi tra i 27 e i 30 metri, finalmente ecco i dentici! Meno male perché l’istinto venatorio di Umberto e la bramosia di catture viene ammansito solo dalla vista di questi predoni. E’ lui che per primo li aveva avvistati. Scorrendo su questa risalita, verso ponente, eravamo finiti su un lastrone di grotto sui 27, 29 metri. Appena riemerso traspare la gioia negli occhi, come quella di un bambino che ottiene la cosa più bella del mondo: «ci sono», mi dice con un sorriso stampato sul viso. Poi prosegue dandomi brevi indicazioni su come posizionarmi all’aspetto e da dove dovrebbero arrivare. «Ma attenzione – si raccomanda – sono nervosi; alcuni sono davvero grossi. Forse più di dieci chili». Che emozione! L’ultima boccata d’aria e giù nel blu. Durante la discesa già m’immagino i bestioni che mi vengono a vedere. Intorno ai venti metri comincio a cadere. Sono immobile mentre il fondale inizia a delinearsi in tutta la sua straordinaria bellezza. Individuo un gradino ricoperto di alghe dietro il quale nascondermi. E’ proprio nella direzione suggeritami da Umberto. Ci cado sopra, mi appoggio e presto attenzione ad abbassare bene gambe e pinne per non impensierire le potenziali prede. Il profondimetro segna 28,6 metri! Acquattato dietro a quello spuntone, lo sguardo si perde nel blu in attesa che i dentici si materializzino. I secondi passano…

Vi siete emozionati nella lettura? Pensate che questa avventura continua…sul nostro numero di Settembre.

Continua la lettura sulla nostra rivista disponibile a Settembre online in formato digitale ed in edicola.

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